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La nostra epoca è segnata da un preoccupante affievolirsi della coscienza storica. È così accaduto che in anni recenti il mito di Telemaco sia stato ripreso in saggi di successo nei quali si ignora del tutto il geniale uso che ne fu fatto nella Francia del grand siècle, in uno dei libri di formazione più fortunati nell’Europa di antico regime, "Les Aventures de Télémaque" (1699) dell’istitutore del delfino di Francia, il teologo e arcivescovo di Cambrai François de Salignac de La Mothe-Fénelon (1651- 1715). Lo stesso accade negli studi più aggiornati sul romanzo di Collodi, nei quali è ignorato che di quel libro, sin dal titolo, "Le avventure di Pinocchio" sono insieme il calco e la più geniale riscrittura. Per ritrovarne la coscienza critica occorre risalire a un saggio degli anni Trenta di un maestro quasi dimenticato degli studi francesi, Pietro Paolo Trompeo (1886-1958). Una traccia preziosa, per non dimenticare a propria volta la catabasi e la trasmutazione che sono in grado di trasformare un burattino in un uomo, una parodia in un mito: «Hé bien! dit-il, mon cher Mentor, il faut donc tout perdre, et ne se point décourager».
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