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«Quel ramo del lago di Como...». Lettura dei Promessi Sposi

 
 
 

 

Mercoledì

11.12

Auditorium (Campus USI, Lugano)
18:00
   
 

Gustavo Zagrebelsky
Manzoni e la giustizia
Lo scheletro narrativo che regge "I Promessi sposi" nella sua interezza si riduce alla storia di un conflitto tra arroganza e remissività, che viene risolto con la vittoria della giustizia, la quale abbassa i persecutori e solleva i perseguitati. Dietro ad una mediocre storia da romanzo d’appendice si cela un potente messaggio implicito di educazione “impolitica”. Qui la vittoria non è della giustizia umana, ma di un Dio provvidente, dove la ribellione all’ingiustizia è mala cosa, poiché pretende di sostituirsi all’intervento divino. Per questo alle vittime dell’ingiustizia non è dato altro che sopportare, pregare, formulare voti e rimettersi nelle mani della Provvidenza. La rivolta, per non parlare della rivoluzione, viene esplicitamente derisa. I collaboratori della giustizia sono perlopiù gli uomini di Chiesa (Fra’ Cristoforo, l’Innominato, il cardinale Borromeo), talora destinatari di un’illuminazione divina che li ha tratti magicamente fuori dalle miserie e dai vizi della vita sociale del tempo (la crisi di Fra’ Cristoforo, la conversione dell’Innominato). A dispetto delle tante divagazioni sul rapporto tra i “buoni figlioli” e “galantuomini”, da una parte, e i prepotenti e i loro agenti, dall’altra, non esiste un tentativo di dare una visione e un’interpretazione politica della società del Seicento. Da questo punto di vista, vi è una grande distanza rispetto altri grandi romanzi dell’Ottocento in cui la trama narrativa sembra essere il pretesto per grandi affreschi sociali. "I Promessi sposi" si riducono, tuttavia, a vicende individuali, sia pure collocate su uno sfondo storico (il governo spagnolo, le grida, i Lanzichenecchi protestanti), che avrebbero potuto essere messe in scena in qualunque altro periodo storico.