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Il processo milanese contro gli untori del 1630 ci è noto attraverso la lettura illuminista di Pietro Verri e la rilettura cattolica e romantica di Manzoni. È rimasta ignota finora la fortuna che quel processo aveva avuto nell’età della Controriforma. Ma perché Manzoni dedicò tanto interesse a quella vicenda? La tesi qui presentata è che dietro la peste del ’600 Manzoni vedeva in realtà un’altra peste, quella che aveva infettato le menti di un popolo intero nella Francia del Terrore. Lo mostra una citazione poi scomparsa del Fermo e Lucia, della cui importanza stranamente nessuno si è accorto. Rileggere da questo punto di vista la Storia della colonna infame permette di capire perché questa seconda opera fosse per Manzoni strettamente legata al romanzo. Le sentenze dei giudici della Colonna infame e quelle dei tribunali parigini del Terrore erano legate per l’autore da uno stesso filo. All'origine di tutto c’era quella che possiamo definire la “sindrome del complotto”, l'ossessione del nemico nascosto come una forza capace di scardinare la società e le regole del diritto. Un tema attuale nell’Europa della metà dell’800, un problema che inquietò a lungo la riflessione di Alessandro Manzoni davanti al fenomeno della rivoluzione come grande movimento di popolo.
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